D'un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima.
Esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca.
L'Abate passò il resto dei suoi giorni tra carcere e convento in continui atti d'abiura, finché non morì, senza aver capito, dopo una vita intera dedicata alla fede, in che cosa mai credesse, ma cercando di credervi fermamente fino all'ultimo.
Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.
Ogni volta (spesso) che mi accade di non capire qualche cosa, istintivamente mi prende la speranza che sia di nuovo la volta buona, e che io torni a non capire più niente, a impossessarmi di quella saggezza diversa, trovata e perduta nel medesimo istante.
In fondo a ognuno di quegli occhi abitavo io, ossia abitava un altro me, una delle immagini di me.
Un libro fatto è un istante passato, un gradino che ci ha servito per portarci più in alto.
I libri specialmente, che ora per lo più si scrivono in minor tempo che non ne bisogna a leggerli, vedete bene che, siccome costano quel che vagliono, così durano a proporzione di quel che costano.
Nessun vascello c'è che, come un libro, possa portarci in contrade lontane.
I libri hanno valore soltanto se conducono alla vita, se servono e giovano alla vita, ed è sprecata ogni ora di lettura dalla quale non venga al lettore una scintilla di forza, un presagio di nuova giovinezza, un alito di nuova freschezza.
Un vero libro è sempre arduo, anche quando sembra linguisticamente e concettualmente semplice.
L'amore dei libri è fonte, per sé solo, di mille piaceri vivissimi, piaceri della vista, del tatto, dell'odorato. Certi libri, si gode a palparli, a lisciarli, a sfogliarli, a fiutarli.
I veri libri devono essere figli non della luce e delle chiacchere ma dell'oscurità e del silenzio.
I libri vanno letti con la stessa cura e con la stessa riservatezza con cui sono stati scritti.
Se un libro non dà piacere a rileggerlo infinite volte, tanto vale non leggerlo affatto.