I classici sono quei libri che ti fanno odiare la scuola.
L'uomo è un essere che fa rumore, cattiva musica e lascia abbaiare il cane. Solo qualche rara volta sta zitto, ma allora è morto.
Il cristianesimo è una potenza incredibile: è un'opera grandiosa il fatto che i missionari tornino dall'Asia senza essere convertiti.
L'umanità i dilemmi non li risolve, ma li pianta lì.
Quanto più, col passare del tempo, talune esigenze di divertimento e di istruzione di massa potranno essere soddisfatte mediante altre invenzioni, tanto più il libro riacquisterà dignità e autorità.
I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: "Sto rileggendo..." e mai "Sto leggendo...".
Un libro non è soltanto, o non è sempre, un tempio delle idee o un'officina di musica e luce, è anche un luogo oscuro di sfoghi e di rimozioni, dove si combatte un duello senza pietà, con la sola scelta di guarire o morire.
Scrivere un libro senza preoccuparsi della sua sopravvivenza sarebbe da imbecilli.
Il nome di uno scrittore, il titolo di un libro, possono a volte, e per alcuni, suonare come quello di una patria.
Un buon libro rende migliore colui che l'ha scritto.
Deve essere assolutamente facile dire in mezz'ora se un libro vale qualcosa o non vale niente. Dieci minuti bastano, se uno ha istinto per la forma.
D'un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima.
I libri sono gli amici più tranquilli e costanti, e gli insegnanti più pazienti.
Per capire la differenza che esiste tra leggere un racconto su internet o su un libro, basta chiudere gli occhi e mettere il palmo della mano, prima sullo schermo e poi sulla pagina del libro. Il contatto con la carta, anche detto "libridine", ci fa capire la differenza.