L'io, io!... Il più lurido di tutti i pronomi.
Le moribonde parole dello Incas. Secondo cui la morte arriva per nulla, circonfusa di silenzio, come una tacita, ultima combinazione del pensiero.
L'istante occupa uno stretto spazio fra la speranza e il rimpianto, ed è lo spazio della vita.
Se un'idea è più moderna di un'altra, è segno che non sono immortali né l'una né l'altra.
È spiacevole dover parlare di avvenimenti spiacevoli: ma la chiarezza è la prima qualità di un racconto.
Quale altro carcere è scuro come il nostro cuore! Quale carceriere così inesorabile come il nostro io!
L'Io non va annullato, va piuttosto educato, purificato, talora severamente disciplinato, per raggiungere quella purezza verso cui è effettivamente predisposto.
Come il cavaliere, se non vuole essere disarcionato dal suo cavallo, è costretto spesso a ubbidirgli e a portarlo dove vuole, così anche l'Io ha l'abitudine di trasformare in azione la volontà dell'Es come se si trattasse della volontà propria.
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te.
Di tutte le parole di tutte le lingue che conosco, quella che ha la massima concentrazione è l'inglese "I".
Io: un paesaggio che m'è venuto a noia.
In molti individui appare già come una sfrontatezza che abbiano il coraggio di pronunciare la parola "io".
Chi è io? Cos'è questo intervallo tra me e me?
Depreco egualmente il trionfalismo di Kant e in genere di quelle filosofie che, trovando necessario partire dall'io, inneggiano ad esso come se fosse una grande conquista e non invece la miserabile sorte che ci è toccata.