L'io è odioso.
I potenti e gli umili conoscono le stesse disgrazie e le stesse passioni, ma uno è in cima alla ruota e l'altro vicino al centro, e così gli stessi movimenti lo agitano meno.
Le qualità dell'animo non si possono acquistare con l'abitudine; si possono solo perfezionare.
È un gran vantaggio la nobiltà, perché a partire dai diciotto anni mette un uomo sul candeliere, lo rende conosciuto, rispettato: cose che un altro potrebbe ottenere con i suoi meriti solo a cinquant'anni. Sono trent'anni guadagnati senza fatica.
L'opinione è la regina del mondo.
Nel mondo si possono trovare tutte le buone massime; non c'è che da applicarle.
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te.
L'io, ciò che non può mai divenire oggetto.
Il piacere di essere gregge è più antico del piacere di essere io: e finché la buona coscienza si chiama gregge, solo la cattiva coscienza dice: io.
In molti individui appare già come una sfrontatezza che abbiano il coraggio di pronunciare la parola "io".
Io: abbreviazione di Dio.
L'Io si arricchisce nel confronto con le diversità, ma senza venire cancellato o assorbito. Il dialogo, che unisce gli interlocutori, presuppone la loro distinzione e una piccola, ma insopprimibile e feconda distanza.
Chi è io? Cos'è questo intervallo tra me e me?
Di tutte le parole di tutte le lingue che conosco, quella che ha la massima concentrazione è l'inglese "I".
Spesso si dice che questa o quella persona non ha ancora trovato se stesso. Ma l'io non è qualcosa che si scopre: è qualcosa che si crea.
Come il cavaliere, se non vuole essere disarcionato dal suo cavallo, è costretto spesso a ubbidirgli e a portarlo dove vuole, così anche l'Io ha l'abitudine di trasformare in azione la volontà dell'Es come se si trattasse della volontà propria.