La memoria di ogni uomo è la sua letteratura privata.
Una cattiva imitazione è buffa solo quando è intesa come adulazione e quando non riesce molto bene.
Un'imitazione caricaturale, esagerata, di qualcuno che conosciamo non è altrettanto divertente quanto quella che quasi non si può distinguere dall'originale.
Tale è la natura del potere che anche coloro i quali, pur non cercandolo, vi sono stati costretti, tendono ad acquisirne il gusto, a desiderarne di più.
I figli hanno sempre un desiderio ribelle di essere disillusi da ciò che ha affascinato i loro padri.
Le parole formano il filo col quale leghiamo le nostre esperienze.
Nella memoria tutto sembra accadere con musica.
"Ho fatto questo" dice la mia memoria. "Non posso aver fatto questo" dice il mio orgoglio e resta irremovibile. Alla fine, è la memoria a cedere.
La memoria dice sempre troppo o troppo poco.
Non perdere la testa e la memoria è obbligo di tutti.
Nel cogliere il frutto della memoria si corre il rischio di sciuparne il fiore.
Nulla apre gli occhi della memoria come una canzone.
La nostra memoria allontana o avvicina i fatti, li arricchisce o li impoverisce, e li trasforma per farli rivivere. La memoria non è una raccolta di documenti depositati in buon ordine: essa vive e cambia, avvicina i pezzi spenti per farne di nuovo scaturire la fiamma.
La memoria è la continuità del tempo, permette alla conoscenza di proseguire.
La memoria della maggior parte degli uomini è un cimitero abbandonato, dove giacciono senza onori i morti che essi hanno cessato di amare.
La memoria è tesoro e custode di tutte le cose.