Il pensiero di un uomo è innanzitutto la sua nostalgia.
La passione reale del ventesimo secolo è la servitù.
Troppe persone hanno deciso di rinunciare alla generosità in modo da mettere in pratica la carità.
Non si tratta più di spiegare e risolvere, ma di provare e descrivere: tutto comincia dall'indifferenza perspicace.
Volti tesi, fratellanza minacciata, amicizia sì forte e sì pudica degli uomini fra loro, sono queste le vere ricchezze, poiché sono caduche, ed è in mezzo ad esse che lo spirito meglio sente i propri poteri e i propri limiti, cioè la propria efficacia.
L'avvenire è l'unica trascendenza degli uomini senza Dio.
La nostalgia dipinge un sorriso sul volto di pietra del passato.
Non c'è nostalgia più dolorosa di quella delle cose che non sono mai state!
La nostalgia è un veleno.
È uno strano dolore morire di nostalgia per una cosa che non vivrai mai.
Il paese della nostra nostalgia è invece il normale, il decoroso, l'amabile, è la vita nella sua seducente banalità.
Mi è sempre sembrato che ci sia una parte di slealtà nella nostalgia, come quando dopo che è successo qualcosa, qualcuno dice "te l'avevo detto" o "lo sapevo", e non è mai vero e non aveva detto e non sapeva niente prima che succedesse.
La nostalgia è rendersi conto che le cose non erano insopportabili come sembravano allora.
Chi crede in Dio è abitato da una sottile ma insopprimibile nostalgia. Nostalgia per le promesse che la vita contiene e che essa da sé non realizzerà mai.
Nostalgico. Dicesi di chi si trova all'estero senza una lira.