Una società fondata sul lavoro non sogna che il riposo.
Ogni forma di educazione è un atto di arbitrio.
L'uomo mediocre è indispensabile e inutile. La sua forza sta nel rendere indispensabile la sua inutilità.
Non è necessario esser dei geni; ci si può accontentare di una mediocrità, tanto mediocre, da star fuori del comune.
L'Antico Testamento poggiava sulla parentela di sangue; il Nuovo sulla parentela di fede. La "coesistenza" è tutta qui.
Siamo legati ai film come ai nostri migliori sogni.
Un uomo non è un pigro, se è assorto nei propri pensieri; esistono un lavoro visibile ed uno invisibile.
Il lavoro allontana da noi tre grandi mali: la noia, il vizio e il bisogno.
È evidente che più la società si fa tecnologica, più si riducono i posti di lavoro. E paradossalmente quello che è sempre stato il sogno più antico dell'uomo: la liberazione dal lavoro si sta trasformando in un incubo.
Non è un piacere stare a osservare il lavoro umano quando questo è ancora fatica, maledizione e schiavitù.
Il lavoro è un diritto dell'uomo: se l'uomo è povero è addirittura un dovere.
Legittimo è il desiderio del necessario, e il lavoro per arrivarci è un dovere: «se qualcuno si rifiuta di lavorare, non deve neanche mangiare».
Uno dei sintomi dell'arrivo di un esaurimento nervoso è la convinzione che il proprio lavoro sia tremendamente importante. Se fossi un medico, prescriverei una vacanza a tutti i pazienti che considerano importante il loro lavoro.
Ogni lavoro comincia con travaglio.
Con l'abitudine, il lavoro appare più leggero.
Il lavoro si espande fino a riempire il tempo disponibile per il suo completamento. Un generico riconoscimento di questo fatto è manifesto nella frase proverbiale: "L'uomo più occupato è quello che ha tempo da perdere."