Tutto ciò che è creduto, esiste, e soltanto questo.
Pochissimi sono coloro che hanno veramente voluto, anche un attimo solo della loro vita, o veramente amato.
Scambiandosi i loro pensieri, gli uomini comunicano come nei baci e gli abbracci; chi accoglie un pensiero non riceve qualcosa, ma qualcuno.
La morte stessa non è, per chi vi rifletta, cosa così seria come il matrimonio.
La più pericolosa sorta di stupidità è un'acuta intelligenza.
Riconoscere il merito è più difficile che entusiasmarsi.
Non credere a nulla, non importa dove l'hai letta o chi l'ha detto, neppure se l'ho detto io, a meno che non sia affine alla tua ragione e al tuo buon senso.
Chi crede non vuole pensare, ma spostare montagne, diventare beato, avere molto: Dio, immortalità, felicità eterna. Forse è per questo che non vuole pensare? Forse non ne è affatto capace? In ogni caso non deve. Spesso non ne ha bisogno, perché altri se ne incaricano per lui.
Se dunque qualcuno vuol conoscere quello che deve credere, deve rendersi conto che non potrà capire di più parlandone, che credendo.
La parola credere è una cosa difficile per me. Io non credo. Devo avere una ragione per certe ipotesi. Anche se conosco una cosa non è detto che debba crederci.
Le più diffuse credenze traggono la loro forza dall'inverificabilità.
Siamo inclini a credere in chi non conosciamo perché non ci ha mai ingannati.
C'è molto a cui credere: alla forza dei valori umani che con i millenni il cervello ha elaborato progressivamente per raggiungere una coscienza etica.
Si corre lo stesso rischio a credere troppo che a credere troppo poco.
Un credo è come una ghigliottina, altrettanto pesante, altrettanto leggero.
È molto difficile per un uomo credere abbastanza energicamente in qualcosa, in modo che ciò che crede significhi qualcosa, senza dare fastidio agli altri.