Tutti qui viviamo in una condizione di ambiziosa povertà.
Nelle piccole cose come nelle grandi cose ognuno deve conoscere e tenere ben presente i propri limiti.
C'è chi, come prezzo del proprio misfatto, ebbe la forca, chi la corona.
Solo la morte rivela quale misera cosa siano i corpi degli uomini.
Il fanciullo merita il massimo rispetto.
Il viandante con le saccoccie vuote può cantare in faccia al ladro.
I ricchi sono mortalmente tenuti ad essere probi; i poveri, no.
Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Uomo povero ha i giorni lunghi.
Il lusso, la spensieratezza e lo spettacolo consueto della ricchezza fanno quei ragazzi così belli, che si direbbero d'una pasta diversa da quella dei figli della mediocrità e della povertà.
D'accordo: la povertà non è una vergogna. Ma quel che m'insospettisce è il fatto che questa sentenza sia stata inventata dai ricchi.
I poveri sono i negri d'Europa.
La povertà è la consapevolezza della mancanza. La ricchezza è la consapevolezza dell'abbondanza.
Dentro di noi abbiamo un'Ombra: un tipo molto cattivo, molto povero, che dobbiamo accettare.
La scuola della povertà è la nulrice dei grandi animi.
La povertà è una forma di halitosi sprirituale.