Gli intellettuali. Questo risibile quinto stato.
Una parola è un incantamento, una evocazione allucinatoria, non designa una 'cosa', ma la cosa diventa parola.
Sono libero di credere o non credere in Dio, ma devo salire sul tram dalla parte destra, portiera di fondo.
La sensazione che provocano le casupole infime, sudice, infette, barcollanti tra rigagnoli e immondizie, è stranamente liberatrice: non c'è alcun tentativo di velare, di nascondere, di eludere la fondamentale sporcizia dell'esistere, la sua qualità escrementizia e torbida.
Lo scrittore deve adescare, non deve raccontare niente, non ha nessun compito di trasmettere verità.
L'uomo vive di pane e pigiama.
La via più sicura per la perdizione intellettuale: abbandonare i problemi reali per i problemi verbali.
Gli intellettuali non risolvono le crisi, ma le creano.
L'intellettuale è un signore che fa rilegare i libri che non ha letto.
L'intellettuale è uno la cui mente si osserva.
Comunque agisca, l'intellettuale sbaglia.
Un intellettuale è un uomo la cui mente osserva sé stessa.
Il compito degli intellettuali è quello di ricercare la verità in mezzo all'errore.
Gli intellettuali sono destinati a sparire con l'avvento dell'Intelligenza Artificiale com'è avvenuto per gli eroi del cinema muto con l'invenzione del sonoro. Siamo tutti dei Buster Keaton.
Gli intellettuali sono come la mafia: si uccidono tra di loro.