La morte non vuole gli stupidi.
Nella vita coniugale, l'essenziale, è la pazienza. Non l'amore: la pazienza!
In una sciocchezza c'è assai più vitalità e più salute che nei nostri sforzi per giungere ad una vita di meditazione.
La fede che non agisce è lettera morta, gli atti senza la fede sono peggio ancora; è tempo perso, nient'altro.
Il talento, è l'audacia, lo spirito libero, le idee ampie.
Chi non vuole morire non vuole vivere.
Solo da morti, scrittore e asino, trovano la loro glorificazione.
Se la paura della morte è, in effetti, un'evidenza, altrettanto evidente è che questa paura, per quanto grande sia, non è mai stata in grado di contrastare le passioni umane.
Semplicemente per confortare chi prova spavento della morte, Gesù ha esternato la propria paura, perché ognuno sapesse che tale paura non lo induce in peccato, purché egli tenga duro.
Non temiamo la morte, ma il pensiero della morte.
Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata.
La morte è ciò che la vita ha sinora inventato di più solido e sicuro.
La vecchiaia segue la giovinezza, e la morte la vecchiaia. Se uno non vuole morire, non vuole vivere.
La morte è un'usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare.
Ammazzare il tempo nell'attesa che il tempo ci ammazzi.