La morte è un'usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare.
I tratti essenziali di ogni gioco: la simmetria, le leggi arbitrarie, il tedio.
La morte rende preziosi e patetici gli uomini. Questi commuovono per la loro condizione di fantasmi; ogni atto che compiono può esser l'ultimo; non c'è volto che non sia sul punto di cancellarsi come il volto d'un sogno.
Non c'è adulto che, esaminato bene, non sia nevrotico.
All'allievo che gli chiede se esiste il paradiso, il maestro Paracelso risponde dicendogli che il paradiso esiste ed è questa nostra Terra. Ma esiste anche l'inferno, e consiste nel non accorgersi che viviamo in un paradiso.
L'arte vuol sempre irrealtà visibili.
L'eccesso di dolore per la morte è follia; perché è una ferita ai viventi, e i morti non la conoscono.
La morte è una ladra che non si presenta mai di sorpresa.
Soltanto l'assoluto e l'universale può morire; noi moriamo in quanto siamo il morire dell'assoluto.
Morire è tremendo, ma l'idea di morire senza aver vissuto è insopportabile.
Le persone anziane sono a volte disposte a morire come i bambini stanchi dicono buona notte e vanno a letto.
Il sonno è amore di morte, l'insonnia paura di morte.
Il mondo è un albergo, e la morte la fine del viaggio.
Non vi sarà pace durevole né nel cuore degli individui né nei costumi della società sin quando la morte non verrà posta fuori legge.
Confidenza toglie reverenza. Se trascorri abbastanza tempo vicino alla morte, smetti di averne paura e inizi a odiarla.
La morte è quella malattia che pone fine a tutte le altre.