Coloro i quali hanno meno fiducia in se stessi, sono i più invidiosi.
Il più piccolo dolore nel nostro mignolo ci preoccupa e c'infastidisce di più della distruzione di milioni di nostri simili.
Non avrà mai veri amici chi teme di farsi dei nemici.
La persona istruita non sa dire se un oggetto è nero o bianco, tondo o quadrato, ma sa a menadito le leggi dell'ottica e le regole della prospettiva. Conosce le cose di cui parla, come un cieco i colori.
Gli unici scrittori impeccabili sono quelli che non hanno mai scritto.
Il veto su molte cose costituisce l'unica tentazione per l'uomo.
L'invidia è ignoranza.
Non invidiamo quelli che stanno più in alto: quelle che sembravano vette si sono rivelate dirupi.
Ciò che rende terribile questo mondo è che mettiamo la stessa passione nel cercare di essere felici e nell'impedire che gli altri lo siano.
L'invidioso è destinato a non godere mai.
L'invidia sempre vile e bassa, avversa alla giustizia e alla benevolenza è quella che sbandisce dall'animo ogni pace e tranquillità nel suo livore, che è capace del tradimento e della calunnia per opprimere ed abbassare il merito, che si espone giustamente all'odio ed all'esecrazione di tutti.
L'invidia somiglia molto all'amore: essere invidiato è quasi essere amato.
L'emulazione genera positività, l'invidia negatività.
In termini psicologici potremmo dire che l'invidia è un tentativo un po' maldestro di recuperare la fiducia e la stima in sé stessi, impedendo la caduta del proprio valore attraverso la svalutazione dell'altro.
Se non riesci a odiare e a invidiare gli altri, essi ti odieranno e ti invidieranno per questo.
L'invidia è il segno sicuro del difetto, dunque se è rivolta ai meriti altrui è il segno del difetto di meriti propri.