Il ferro è consumato dalla ruggine, l'invidioso dal suo vizio.
Non fare errori non è nel potere dell'uomo; ma dai propri errori e sbagli il saggio e buono apprende la saggezza per il futuro.
È facile scoprire un difetto, ma far di meglio può essere difficile.
Uno spartano domandò a un sacerdote che voleva confessarlo: «A chi devo confessare i miei peccati, a Dio o agli uomini?». «A Dio», rispose il prete. «Allora, ritirati, uomo».
Quando si gioca a palla le mosse di chi riceve devono essere in sintonia con quelle di chi lancia: così in un discorso c'è sintonia tra chi parla e chi ascolta se entrambi sono attenti ai propri doveri.
Per essere onesto l'uomo ha bisogno di buoni amici o di acerrimi nemici, perché i primi con i loro consigli e i secondi con i loro insulti gli impediscono di fare del male.
Come una falena rode un indumento, così fa l'invidia consuma una persona.
Che cosa è l'uomo che invidia l'altro uomo, se non una miseria che invidia un'altra miseria?
Tra invidia e superbia c'è una sottile parentela dovuta al fatto che il superbo, se da un lato tende a superare gli altri, quando a sua volta viene superato non si rassegna, e l'effetto di questa non rassegnazione è l'invidia.
Il potere piace proprio perché suscita invidia.
Nessuno è gran che da invidiare, innumerevoli sono da compiangere molto.
Il cane chiuso nel recinto abbaia a quello che scorrazza liberamente.
Se c'era invidia tra noi modelle non mi riguardava. Ero l'unica coi capelli rossi: avevo un mercato mio.
L'invidia è odio, è la base, se non lo zoccolo duro di tutte le psicopatologie. Perché se ti invidio, inevitabilmente voglio il tuo male, e se voglio il tuo male, inevitabilmente voglio il "mio" male.
O invidia, radice di mali infiniti, verme roditore di tutte le virtù!