Fame e freddo non fanno domande.
Abbiamo talmente terrore delle disfatte che quelle bugie, all'inizio pateticamente campate per salvare la faccia, piano piano il nostro cervello le elabora, le fa sue, le modifica fino a farle diventare verosimili.
Oltre a invecchiare il corpo, il tempo indurisce l'anima.
La dolcezza dei buoni, dei vinti, degli inermi. La dolcezza della malasorte accettata senza reclami.
A quel punto ricordò e le lacrime gli rigarono il volto, che non era cambiato quasi niente in tutti quegli anni. Morì di lì a poco per stanchezza di esistere. Che non è il suicidio diretto ma un lasciarsi andare lentamente, giorno dopo giorno, guardando lontano verso chissà quale ricordo.
Un uomo senza coraggio e forza cerca coraggio e forza nelle armi. E li trova.
Principio e fine di ogni bene è la soddisfazione del ventre, e al ventre si riporta tutto ciò che è superfluo e ogni marchingegno umano.
Ogni morto di fame è un uomo pericoloso.
Quelli che soffrono d'indigestione stanno male quanto quelli che muoiono di fame.
Dopo mesi di fame, ci siamo improvvisamente ritrovati in grado di consumare i pasti come fossero destinati agli dei, e con l'appetito che gli dei avrebbero potuto invidiarci.
La guerra contro la fame è in realtà una guerra di liberazione dell'umanità intera.
Da ragazzino tornavo da scuola con una fame pazzesca, per questo le tagliatelle di mia madre erano le più buone del mondo. Avevo fame e quel cibo non toccava tanto il mio palato o il mio cervello, ma l'anima, la mia parte emozionale.
Per chi ignora l'appetito il primo morso della fame è al contempo una sofferenza e un'illuminazione.
Leggo, per quanto è possibile, soltanto ciò di cui ho fame, nel momento in cui ne ho fame, e allora non leggo: mi nutro.
Nell'anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia.
La continua intenzione di iniziare una nuova vita, senza però trovare mai il tempo per farlo, è come l'uomo che rimanda di mangiare e bere un giorno dopo l'altro finché non arriva a morire distrutto dalla fame.