Fine ultimo di tutto, la fine.
L'uso della ragione più diffuso è di non farne uso.
La sostanza sta nelle sfumature.
Da giovane l'uomo è convinto di poter rendere felici più donne. L'esperienza lo persuade dell'illusione e si dedica a una sola. Infine constata come l'errore stesse nel ritenere possibile di rendere felice qualcuno.
Il vero amico lo riconosci da come ti mente.
Ciò che distingue il genere umano dal regno animale è che in quest'ultimo è sconosciuta la malvagità fine a sé stessa.
A cattivo principio cattiva fine.
Non arriverai mai alla fine del viaggio, se ti fermi a lanciare un sasso a ogni cane che abbaia.
Noi sappiamo che la bontà dei fini non giustifica l'uso dei mezzi cattivi. Ma che dire delle situazioni così frequenti oggi, in cui mezzi buoni danno risultati finali che si rivelano cattivi?
Più o meno, noi desideriamo veder la fine di tutto ciò che operiamo e facciamo; siamo impazienti di giungere al termine, e lieti di esservi giunti. Soltanto la fine totale, la fine di tutte le fini, noi ce l'auguriamo, di solito, il più tardi possibile.
Il lieto fine è la nostra fede nazionale.
Il fine giustifica i mezzi? È possibile. Ma chi giustificherà il fine? A questa domanda che il pensiero lascia in sospeso, la rivolta risponde: i mezzi.
Il presente non costituisce mai il nostro fine. Passato e presente sono mezzi, solo l'avvenire è il nostro fine. Così non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e preparandoci sempre a essere felici è inevitabile che non lo siamo mai.
Il fine, che non può essere conseguito se non con mezzi cattivi, non può essere un fine buono.
Massimo segno della fine, è il principio.
Un fine autentico può fare a meno di speranze e anche di ogni probabilità di essere raggiunto.