Fine ultimo di tutto, la fine.
Man mano che aumenta la saggezza diminuiscono le occasioni di utilizzarla.
Ammazzare il tempo nell'attesa che il tempo ci ammazzi.
Ciò che infastidisce nel concetto di fedeltà è che venga pretesa anche da noi.
Nessuno è infallibile. La creazione dell'uomo ne è la prova.
La natura è sadica, com'è dimostrato dalla constatazione che raramente ciò che giova al corpo è di giovamento anche all'anima.
Il presente non costituisce mai il nostro fine. Passato e presente sono mezzi, solo l'avvenire è il nostro fine. Così non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e preparandoci sempre a essere felici è inevitabile che non lo siamo mai.
La percezione della fine è dentro ciascuno di noi, è uno stigma della specie, un marchio della sua caducità.
Più o meno, noi desideriamo veder la fine di tutto ciò che operiamo e facciamo; siamo impazienti di giungere al termine, e lieti di esservi giunti. Soltanto la fine totale, la fine di tutte le fini, noi ce l'auguriamo, di solito, il più tardi possibile.
Massimo segno della fine, è il principio.
Noi sappiamo che la bontà dei fini non giustifica l'uso dei mezzi cattivi. Ma che dire delle situazioni così frequenti oggi, in cui mezzi buoni danno risultati finali che si rivelano cattivi?
A cattivo principio cattiva fine.
Il fine, che non può essere conseguito se non con mezzi cattivi, non può essere un fine buono.
Il fine può giustificare i mezzi purché ci sia qualcosa che giustifichi il fine.
Da qualche parte esiste una fine. Solo che non si trova un cartello con scritto "Ecco, questa è la fine", come al gradino più alto di una scala non si trova scritto: "Attenzione, questo è l'ultimo gradino. Non fate un passo oltre."