Nessun giovane crede che morirà mai.
La persona istruita non sa dire se un oggetto è nero o bianco, tondo o quadrato, ma sa a menadito le leggi dell'ottica e le regole della prospettiva. Conosce le cose di cui parla, come un cieco i colori.
Ogni uomo, secondo la sua opinione, costituisce un'eccezione alle ordinarie regole della moralità.
La confessione delle nostre mancanze è un compito ingrato. Sa più di ostentazione che di sincerità e modestia. Sembra come se noi considerassimo le nostre debolezze altrettanto buone quanto le virtù degli altri.
Il pubblico non ha vergogna né gratitudine.
La persona istruita è fiera della sua conoscenza di nomi e di date, non di quella di uomini e cose. Non pensa e non s'interessa ai suoi vicini di casa, ma è al corrente degli usi e costumi delle tribù e delle caste degli indù e dei tartari calmucchi.
La gioventù non ha età.
È un'illusione che la gioventù sia felice, un'illusione di coloro che l'hanno perduta, ma il giovane sa di essere infelice perché è pieno dei falsi ideali che gli sono stati instillati, e ogni volta che entra in contatto con la realtà è colpito e ferito.
Non si nasce giovani, lo si diventa.
La gioventù deve fare esattamente ciò che pensa. L'importante è che non smettiate di essere giovani.
A volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane.
Molti giovani universitari sono come un fiume in perenne piena. Sono sempre fuori corso.
Il giovane che non ha pianto è un selvaggio, e il vecchio che non ride uno stolto.
Bisogna resistere alla tentazione di comprendere i giovani. Non vogliono essere capiti. Li umilia. Fingiamo di non capirli. L'unico modo per farsi sopportare da loro.
Il mondo muore di noia, l'impiego del tempo è letteralmente spaventoso. I giovani che si agitano un po' dovunque non se ne rendono forse conto, ma il loro vero problema non è né sociale né economico. A loro non interessa più nulla, ecco il fatto.
In gioventù vivere è godere, nella virilità lavorare, al di là di questa aspettar la morte.