L'invidia è il tormento dell'impotenza.
Il magnanimo, infatti, non va confuso con il generoso: è colui che punta a cose grandi e impegnandosi per questo produce cose buone e, se forte abbastanza, una sovrabbondanza di bene che ridonda a vantaggio di tutti.
Bisogna sottrarsi tanto alla rivincita dei nemici quanto al compianto impotente di coloro che ci amano.
Il magnanimo non guarda gli altri non perché li sottovaluta, ma perché trova nel compito che si è prefisso la propria misura.
Dalla tecnica non giunge la salvezza ma almeno è garantito l'aiuto.
Le virtù vengono perdendo i tratti dell'abnegazione per assumere quelli della capacità di autorealizzazione. E, come già per gli antichi, la felicità lungi dall'essere concepita come premio della virtù tende a coincidere con il suo esercizio.
Se c'era invidia tra noi modelle non mi riguardava. Ero l'unica coi capelli rossi: avevo un mercato mio.
L'invidia è naturale all'uomo: tuttavia è un vizio e una disgrazia allo stesso tempo.
L'invidioso mi loda senza saperlo.
L'invidia è un cieco che vuole strapparti gli occhi.
Sono immune dall'invidia, libero di provare ammirazione e amicizia, che bellezza! Non c'è niente di più triste di qualcuno che soffre per il successo altrui, che è schiavo della critica e del rancore, che trasuda invidia, che si dibatte nel dispetto: un infelice.
L'invidia e le teste vuote vanno sempre insieme.
Invidioso non è tanto chi soffre che altri abbia qualcosa che lui non ha, quanto chi soffre che altri abbia ciò che lui ha.
L'invidia è una terribile fonte di infelicità per moltissima gente.
Ci sono due Pd, quello del territorio dove con l'Idv si sta realizzando un nucleo di alternativa e quello della dirigenza politica fatto di invidia e insoddisfazione. Noi facciamo politica, non è colpa nostra se gli elettori ci premiano.
L'invidioso è destinato a non godere mai.