Dalla tecnica non giunge la salvezza ma almeno è garantito l'aiuto.
Il magnanimo, infatti, non va confuso con il generoso: è colui che punta a cose grandi e impegnandosi per questo produce cose buone e, se forte abbastanza, una sovrabbondanza di bene che ridonda a vantaggio di tutti.
Bisogna sottrarsi tanto alla rivincita dei nemici quanto al compianto impotente di coloro che ci amano.
Le virtù vengono perdendo i tratti dell'abnegazione per assumere quelli della capacità di autorealizzazione. E, come già per gli antichi, la felicità lungi dall'essere concepita come premio della virtù tende a coincidere con il suo esercizio.
L'invidia è il tormento dell'impotenza.
Siamo nell'età della tecnica, dove non è possibile vivere se non al prezzo di una completa omologazione al mondo dei prodotti che ci circonda, e da cui dipendiamo come produttori e consumatori.
Il carattere afinalistico della tecnica, che non si muove in vista di fini ma solo di risultati che scaturiscono dalle sue procedure, abolisce qualsiasi orizzonte di senso, determinando così la fine della storia come tempo fornito di senso.
Siccome la tecnica è ormai la forma del mondo, per l'individuo non c'è altro modo di essere al mondo se non come funzionario della tecnica.
La tecnica non è più un evento della nostra storia, ma ha già superato la soglia storica, fino a tenere nelle sue mani la possibilità stessa del proseguimento della storia.
Con la tecnica gli uomini possono ottenere da sé quello che un tempo chiedevano agli dèi.
La tecnica è la regressione progressiva all'inorganico. Essa è ritorno all'inorganico come progresso verso l'inorganico. L'uomo residuo è una fase attardata.
Abitiamo la tecnica irrimediabilmente e senza scelta. Questo è il nostro destino di occidentali avanzati, e coloro che, pur abitandolo, pensano ancora di rintracciare un'essenza dell'uomo al di là del condizionamento tecnico, come capita di sentire, sono semplicemente degli inconsapevoli.
L'evoluzione della tecnica è arrivata al punto di produrre l'inermità di fronte alla tecnica.
L'etica, di fronte alla tecnica, diventa pat-etica: non si è mai visto che un'impotenza sia in grado di arrestare una potenza. Il problema è: non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato, ma che cosa la tecnica può fare di noi.
La tecnica, sorta per liberare l'uomo dalla necessità della natura, è diventata una sorta di seconda natura dal vincolo non meno necessitante.