La costituzione sovietica garantisce a tutti un lavoro. Un'idea graziosa e inquietante, direi.
Il diritto di vivere non si paga con un lavoro finito, ma con un'infinita attività.
Legittimo è il desiderio del necessario, e il lavoro per arrivarci è un dovere: «se qualcuno si rifiuta di lavorare, non deve neanche mangiare».
Nella società capitalistica si produce tempo libero per una classe mediante la trasformazione in tempo di lavoro di tutto il tempo di vita delle masse.
Questo secolo di pedagogia proletaria predica la dignità del lavoro, come uno schiavo che calunnia l'ozio intelligente e voluttuoso.
Il lavoro è umano solo se resta intelligente e libero.
Il lavoro rivela il carattere delle persone: alcuni si tirano le maniche, altri girano al largo e altri ancora non si fanno proprio vedere.
Felice colui che ha trovato il suo lavoro; non chieda altra felicità.
Chi non vuol lavorare neppure mangi.
Lavorare è meno noioso che divertirsi.
È evidente che più la società si fa tecnologica, più si riducono i posti di lavoro. E paradossalmente quello che è sempre stato il sogno più antico dell'uomo: la liberazione dal lavoro si sta trasformando in un incubo.