La radice di qualsiasi schiavitù è la morte.
Vivere significa nascere a ogni istante. La morte subentra quando il processo della nascita cessa.
Morire sarà, su per giù, come quando su una vetrina una saracinesca s'abbassa.
Il ramo, quando una mano si approssima per staccarne un fiore freme e sembra nel medesimo tempo voler sfuggire a volersi offrire. Il corpo umano ha un simile fremito quando arriva l'istante in cui le dita misteriose della morte vogliono cogliere l'anima.
Il giorno che temiamo come ultimo è soltanto il nostro compleanno per l'eternità.
Hai tolto il sonno, qui, alla mia morte. Mi rallegrava l'idea di essere un morto insonne. Per questo piacere trascurai la cortesia; la frase poteva suggerire un rimprovero implicito.
Ogni volta che l'ho fatto , dall'esperienza della morte è stato rimossa buona parte della paura. Spesso, rendere familiare un'esperienza di vita, riduce l'ansia che essa genera.
Dopo la morte attendono gli uomini cose che non sperano e neppure immaginano.
L'ambizione è la morte del pensiero.
La statistica ci segnala che possiamo contare in tutto su un venticinquemila giorni; qualche migliaio in più per qualcuno. Ma dopo non ce ne saranno altri. Per nessuno. Sì: anche per me che scrivo, anche per te che leggi sarà subito sera.
Morire significa separarti non solo da quello che eri, ma anche da quello che non hai potuto diventare. Quest'ultimo aspetto della morte è il più inquietante.