Io, è da quando amo, che ho paura della morte.
Tutte le glorie defunte di questo mondo non valgono, dicono, un cane in vita...
La letteratura e le arti tendono troppo a semplificare l'uomo ai nostri occhi, a mostrarlo più logico di quanto sia. Ma la vita di tutti i giorni, se la si capisce bene, ci proverebbe che siamo degli esseri profondamente illogici.
La calma sconcerta la collera.
L'uomo crea a sé stesso mille necessità che gli fanno una vita da schiavo. Ma quanto agevolmente, liberamente, si potrebbe vivere, se si rigettasse quella somma enorme di bisogni artificiali che pesa su di noi, che ci condanna ai lavori forzati!
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Forse perché della fatal quïete tu sei l'immago a me sì cara vieni o Sera!
Non voglio e non posso figurarmi un individuo che sopravviva alla sua morte corporale: quante anime deboli, per paura e per egoismo ridicolo, si nutrono di simili idee!
Nessuno sa se per l'uomo la morte non sia per caso il più grande dei beni, eppure la temono come se sapessero bene che è il più grande dei mali. E credere di sapere quello che non si sa non è veramente la più vergognosa forma di ignoranza?
È strano come a volte il ricordo della morte sopravviva molto più a lungo della vita che essa ha rubato.
Salvo complicazioni, morirà.
Nessuno può dire con certezza che domani sarà ancora vivo.
Mai come oggi gli uomini sono morti così silenziosamente e igienicamente e mai sono stati così soli.
Se la morte non fosse una forma di soluzione, i viventi avrebbero già trovato un modo qualsiasi di aggirarla.
Arriviamo a comprendere fino in fondo gli esseri umani ai quali siamo uniti da un vincolo indissolubile soltanto nell'attimo della loro morte.