Il lieto fine è la nostra fede nazionale.
Caratteristica dello storico è la nonchalance con cui ti prende un individuo e te lo deposita in una tendenza, come una casa trascinata qua e là da un tornado.
Il domicilio del proprio io, come quello dell'anima, non lo si può trovare in un libro.
La nevrosi moderna è cominciata con le scoperte di Copernico.
Oggi il consumatore è la vittima del produttore, che gli rovescia addosso una massa di prodotti ai quali deve trovar posto nella sua anima.
La scuola è fatta per avere il diploma. E il diploma? Il diploma è fatto per avere il posto. E il posto? Il posto è fatto per guadagnare. E guadagnare? È fatto per mangiare. Non c'è che il mangiare che abbia fine a se stesso, sia cioè un ideale. Salvo in coloro, in cui ha per fine il bere.
Non arriverai mai alla fine del viaggio, se ti fermi a lanciare un sasso a ogni cane che abbaia.
A cattivo principio cattiva fine.
Noi sappiamo che la bontà dei fini non giustifica l'uso dei mezzi cattivi. Ma che dire delle situazioni così frequenti oggi, in cui mezzi buoni danno risultati finali che si rivelano cattivi?
La percezione della fine è dentro ciascuno di noi, è uno stigma della specie, un marchio della sua caducità.
Più o meno, noi desideriamo veder la fine di tutto ciò che operiamo e facciamo; siamo impazienti di giungere al termine, e lieti di esservi giunti. Soltanto la fine totale, la fine di tutte le fini, noi ce l'auguriamo, di solito, il più tardi possibile.
Il fine può giustificare i mezzi purché ci sia qualcosa che giustifichi il fine.
Un fine autentico può fare a meno di speranze e anche di ogni probabilità di essere raggiunto.
Massimo segno della fine, è il principio.