L'umiltà è quella virtù che, quando la si ha, si crede di non averla.
Il rimorso è per ciò che siamo e fatalmente saremo: non riguarda il passato, ma anche il futuro.
In gioventù tutti, uomini e donne, cercano di contrastare dentro il loro animo ogni nuova sincera simpatia: quasi la mettono alla prova, anche a costo di soffocarla sul nascere. È un istinto di prudenza e di difesa.
Il viaggio è un sentimento, non soltanto un fatto.
Tutto il mondo soffre di avere perduto la religione. E quasi tutta la poesia di oggi non è, in un modo o nell'altro, che il rimpianto di una religione perduta.
Pochi parlano umilmente dell'umiltà.
Una volta che svanisce l'approccio ingenuo del fotografo amatoriale, capace di imparare con umile volontà, anche lo spirito creativo della buona fotografia muore con esso. Ogni professionista dovrebbe rimanere sempre nel suo cuore un dilettante.
L'umiltà è la prerogativa di coloro che conoscono i propri limiti... e li amano.
L'umiltà, quando diventa una virtù divina, fa tabula rasa: non si accontenta più di vincere l'orgoglio, di appiattirne gli eccessi; scava l'abisso della piccolezza, perché l'Amore di Dio possa riempirlo della sua presenza, per attirare questo amore con maggiore violenza ed audacia.
L'umiltà è una virtù che tutti predicano, ma che nessuno pratica.
Superato il primo choc, l'umiltà è una virtù allegra.
L'umiltà è l'ipocrisia dei modesti.
L'umiltà è come una bilancia: più ci si abbassa da una parte, più ci si innalza dall'altra.
L'umiltà e la semplicità sono le due vere sorgenti della bellezza.
Mai, o quasi, chiedono il perché gli umili, di tutto quel che sopportano. Si odiano gli uni gli altri, e tanto basta.