A mio parere non ha una piena educazione letteraria chi non conosce i poeti.
Nella poesia v'è una somma utilità, e gioia e nobiltà, sì che colui che ne è privo non può considerarsi educato liberalmente.
I poeti sono privi di pudore verso le loro esperienze interiori: le sfruttano.
La poesia è mettere in parole quello che, a rigore, non può essere messo in parole, quello che non ha nemmeno «forma di parole».
Gli editori credono ciecamente, con apriorismo razzistico, che la poesia sia tabù per la libreria. E lo credono anche i librai.
La poesia è qualcosa che si trova tra il sogno e la sua interpretazione.
L'uomo molto ricco deve parlare sempre di poesia o di musica ed esprimere pensieri elevati, cercando di mettere a disagio le persone che vorrebbero ammirarlo per la sua ricchezza soltanto.
Far poesia vuol dire riconoscersi.
Un libro di poesie è un autunno morto: i versi son le foglie nere sulla bianca terra, e la voce che li legge è il soffio del vento che li affonda nei cuori intime distanze.
La poesia è una malattia del cervello.
Le poesie sono cristalli che sedimentano dopo l'effervescente contatto dello spirito con la realtà.
La poesia che viene al mondo vi giunge carica di mondo.