L'amore non esiste per renderci felici, ma per dimostrarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore.

Hermann Hesse
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La nostra interpretazione

L’idea espressa mette in discussione il luogo comune secondo cui il sentimento amoroso avrebbe come scopo principale la felicità. L’esperienza affettiva viene presentata come un passaggio che, invece di garantire appagamento e serenità, pone l’individuo di fronte alla propria vulnerabilità e alla propria capacità di reggere il peso del dolore. L’incontro con l’altro, con le sue imperfezioni, con le inevitabili distanze, con la perdita o con il rifiuto, diventa un banco di prova che misura la forza interiore più che la gioia provata. L’amore, in questa prospettiva, non è un rifugio ma un rischio, un’espansione del proprio sentire che amplifica tanto il piacere quanto la sofferenza. Proprio nella gestione di questa sofferenza emerge la qualità della persona: la capacità di sopportare, di non distruggersi di fronte alla delusione, di continuare a sentire intensamente pur sapendo di poter essere ferita. L’esperienza amorosa si trasforma così in una sorta di “specchio” che mostra quanto l’essere umano sia disposto a esporsi, a perdere, a ricominciare. Ne deriva una visione lucida e amara, ma anche profondamente realistica: ciò che rende grande l’amore non è la promessa di felicità continua, bensì la forza che si sviluppa nel confronto con le sue inevitabili ombre.

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