L'abitudine è la grande guida della vita umana.
In chi ha commesso delitti sorgono rimorsi e terrori segreti che non danno requie all'anima, inducendola a ricorrere ai riti religiosi, alle cerimonie ed all'espiazione dei peccati.
La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva.
Dalla somiglianza delle azioni esteriori degli animali con quelle che noi stessi compiamo, possiamo inferire che quelle interiori assomigliano anch'esse alle nostre.
Per metà degli uomini la morte arriva prima di diventare creature razionali.
Non c'è questione di qualche importanza, la cui soluzione non sia compresa nella scienza dell'uomo, e non c'è nessuna che possa venire risolta con certezza se prima non la padroneggiamo.
L'abitudine ci fa accettare l'inaccettabile.
Per conforto al misero e catena al piede del fortunato, il buon Dio creò giustamente l'abitudine.
Si fa l'abitudine a tutto, anche al continuo peggioramento di ciò che già era ai limiti della sopportazione.
L'abitudine e il timore del nuovo sono ostacoli alla nostra crescita e ci fanno rimanere quelli di sempre con una vita piatta, insignificante e sempre uguale.
Non cambierò di certo le mie abitudini o i miei comportamenti per paura. Neppure se il senso comune e l'opinione pubblica li condannassero.
Scacciamo per sempre da noi le cattive abitudini come se fossero uomini malvagi che ci hanno nuociuto per molto tempo.
Tale è la forza dell'abitudine che ci si abitua perfino a vivere.
Nelle nostre azioni abituali di mille non ce n'è una sola che riguardi noi stessi e la nostra condizione.
Ci si rammarica della perdita delle peggiori abitudini, forse più di ogni altra cosa. Sono in effetti una parte così essenziale della nostra personalità.
L'abitudine è in qualche modo simile alla natura, giacché "spesso" e "sempre" sono vicini; la natura è di ciò che è sempre, l'abitudine di ciò che è spesso.