L'abitudine ci fa accettare l'inaccettabile.
Esserci sempre, ma da lontano.
L'altro non potrà mai colmare il vuoto che ci portiamo dentro. Esattamente come noi non potremo mai colmare il suo. Il vuoto lo si può solo attraversare.
Liberi di niente. Tranne che di sapersi non-liberi.
È sempre e solo per amore che ci si alza la mattina e si torna a casa la sera. È sempre e solo per amore che si stringono i denti e si tira avanti. È sempre e solo per amore che si scrive, si parla, si agisce, ci si agita, si spera.
L'autostima non risolve tutti i problemi, e non è un'insufficiente autostima a causare l'emarginazione femminile. Al contrario, proprio perché vengono messe al margine e costantemente svalutate, le donne hanno difficoltà a stimarsi.
Non è possibile o non è facile mutare col ragionamento ciò che da molto tempo si è impresso nel carattere.
L'abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte.
A nulla ci si abitua tanto presto che le cattive abitudini.
Forme pietrificate e ormai irriconoscibili della nostra prima felicità, del nostro primo orrore, queste sono le abitudini.
L'abitudine rende sopportabili anche le cose spaventose.
Non vi è nulla di così assurdo che l'abitudine non renda accettabile.
Certe abitudini si possono più facilmente troncare che moderare.
Le viziose abitudini sono altrettante catene che ritengono l'uomo in una misera schiavitù. Guardisi dal contrarne veruna chi vuol conservare intera la sua libertà.
Nulla di ciò che è per natura può assumere abitudini ad essa contrarie: per esempio, la pietra che per natura si porta verso il basso non può abituarsi a portarsi verso l'alto, neppure se si volesse abituarla gettandola in alto infinite volte.