Le parole in determinati momenti possono essere dei fatti.
Per dare savie leggi a un popolo bisogna essere anche un poco artisti.
O l'amicizia preziosa o l'ostilità durissima.
Rinunziare alla lotta significa rinunciare alla vita.
Fermarsi significa retrocedere.
Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire. La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione.
Nelle parole c'è qualcosa d'impudico.
Si dicono parole che lasciano dietro conseguenze e significati. Si fanno gesti che possono ferire, per volontà espressa o per leggerezza. O per il semplice timore di essere feriti.
Dio maledica le parole, che mettono in moto cose più grandi di loro, e cose brutte.
Le parole più belle del mondo non sono "Ti amo" ma "È benigno!".
Ben di rado avviene che le parole affermative e sicure d'una persona autorevole, in qualsivoglia genere, non tingano del loro colore la mente di chi le ascolta.
Certo, le parole non sono azioni; ma qualche volta una buona parola vale quanto una buona azione.
Le due parole più brevi e più antiche, sì e no, sono quelle che richiedono maggior riflessione.
Le parole sono sempre una forza che si cerca fuori di sé.
L'uomo per la parola, e il bue per le corna.
Troppo spesso le parole sono state usate, maneggiate, rivoltate, lasciate esposte alla polvere della strada. Le parole che cerchiamo pendono accanto all'albero,: con l'aurora le troviamo, dolci sotto le fronde.