Per poter ben morire bisogna avere imparato a ben vivere.
I giudizi che diamo degli altri dicono ciò che siamo noi stessi.
La miopia fisica ognuno s'ingegna di correggerla; quella morale, pochissimi.
Gli uomini, non appena hanno atterrato un idolo, corrono a rizzarne un altro.
La costanza è la virtù con la quale tutte le cose danno il loro frutto.
Non bisogna, per l'amore di ciò che forse non avremo mai, buttar via ciò che abbiamo.
Vivere: nel vivere non c'è alcuna felicità. Vivere: portare il proprio io dolente per il mondo. Ma essere, essere è felicità. Essere: trasformarsi in una fontana, in una vasca di pietra, nella quale l'universo cade come una tiepida pioggia.
Viviamo, nell'imbrunire della coscienza, mai certi di cosa siamo o di cosa supponiamo essere.
Per vivere nel mondo è necessario prendere con sé una grande provvista di previdenza e d'indulgenza: la prima ci preserva da danni e perdite, la seconda da liti e brighe.
Non c'è nulla da dire: c'è solo da essere, c'è solo da vivere.
Si dovrebbe stupirsi se fosse diverso: si accumula rabbie, umiliazioni, ferocie, angosce, pianti, frenesie e alla fine ci si trova un cancro, una nefrite, un diabete, una sclerosi che ci annienta. E voilà.
Si vive solo una volta, ma se lo si fa bene è sufficiente.
Tutti gli uomini vogliono vivere, ma nessuno sa perché vive.
È necessario che tu viva per un'altra persona se vuoi vivere per te stesso.
Muoversi, vivere, non pensare!
Vivere bene è un'arte che va imparata. Imparare quest'arte richiede fatica e dedizione, comprensione e pazienza, ma costituisce tuttavia la cosa più importante da apprendere.