Noi tendiamo alla morte, come la freccia al bersaglio, e mai falliamo la mira.
Nel caos in cui sprofondiamo vi è più logica che nell'ordine, l'ordine di morte in cui ci siamo mantenuti per tanti secoli e che si disgrega sotto i nostri passi automatici.
Tutti gli spirituali sono sorpassati, non vi è nessuna differenza tra maghi e preti, ci si rende altrettanto spregevoli a consultare gli uni quanto a rispettare gli altri.
La vita eterna è quella di cui siamo partecipi quaggiù, mai altrove, l'altrove non è più quando noi non siamo.
Il mondo che abitiamo è l'inferno temperato dal nulla, dove l'uomo, che rifiuta di conoscere sé stesso, preferisce immolarsi.
Noi siamo all'inferno, e la sola scelta che abbiamo è tra essere i dannati che vengono tormentati o i diavoli addetti al loro supplizio.
Ci sono delle stelle morte che splendono ancora perché il loro bagliore è catturato dalla trappola del tempo.
Credo sia una reazione sana, il riaffermarsi della vita, del piacere e dell'amore dopo aver percorso per molto tempo i territori della morte.
Ma morire è proprio questo - non più sapere che sei morta.
Cercate, meditando frequentemente sulla morte, di portarvi al punto per cui essa non vi sembri più una terribile nemica, ma un'amica la quale libera da questa sciagurata esistenza l'anima che langue nei conati della virtù per introdurla nel luogo della ricompensa e del riposo.
La morte è il riposo, ma il pensiero della morte è il disturbatore di ogni riposo.
Vai e prova a confutare la morte: la morte confuterà te, ed è tutto!
La consapevolezza della morte ci incoraggia a vivere.
La morte di un amore è come la morte d'una persona amata. Lascia lo stesso strazio, lo stesso vuoto, lo stesso rifiuto di rassegnarti a quel vuoto. Perfino se l'hai attesa, causata, voluta per autodifesa o buonsenso o bisogno di libertà, quando arriva ti senti invalido. Mutilato.
Ho vissuto abbastanza; ora, sazio, aspetto la morte.
Per uno che viene sepolto vivo ce ne sono cento altri che penzolano sulla terra, pur essendo morti.