Per credere a qualcosa, ai giorni nostri, bisogna essere allucinati.
L'uomo è un animale metafisico, il quale vorrebbe che l'universo esistesse solo per lui, ma l'universo lo ignora, e l'uomo si consola di questa indifferenza popolando lo spazio di dèi, dèi fatti a sua immagine.
Il mondo che abitiamo è l'inferno temperato dal nulla, dove l'uomo, che rifiuta di conoscere sé stesso, preferisce immolarsi.
Il nostro destino è di continuare a moltiplicarci, unicamente per morire innumerevoli.
Quando guardo quelli che giurano che la vita è una delizia, non li trovo né belli né ben nati, né ragionevoli né sensibili, né acuti, né saggi, né profondi, ma molto simili a ciò che incensano.
È la fecondità, e non la fornicazione, a distruggere l'universo, è il dovere, e non il piacere.
C'è da meravigliarsi e diffidare da coloro che affermano di non avere difficoltà a credere. Forse (com'è stato detto) è perché non hanno ben capito di che cosa si tratta.
Un credo è come una ghigliottina, altrettanto pesante, altrettanto leggero.
Alcuni affermano di credere tutto quello che la Chiesa crede, ma poi non sanno che cosa la Chiesa crede e quindi è come se non credessero.
L'uomo può credere all'impossibile, non crederà mai all'improbabile.
Si realizzano sempre le cose in cui credi realmente; e il credere in una cosa la rende possibile.
C'è molto a cui credere: alla forza dei valori umani che con i millenni il cervello ha elaborato progressivamente per raggiungere una coscienza etica.
Non capisco bene perchè gli uomini che credono agli elettroni si considerino meno creduli degli uomini che credono agli angeli.
Non credere a nessuno che dice sempre la verità.
Se dunque qualcuno vuol conoscere quello che deve credere, deve rendersi conto che non potrà capire di più parlandone, che credendo.
Credo sì e no, come uno che ha paura di sperare e che sperando sa di aver paura.