Non c'è destino che non si vinca con il disprezzo.
Ci si stanca della pietà, quando la pietà è inutile.
Non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non camminarmi davanti, potrei non seguirti. Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico.
Viene sempre il momento in cui bisogna scegliere fra la contemplazione e l'azione. Ciò si chiama diventare un uomo.
Se il mondo fosse chiaro, l'arte non esisterebbe.
Il rifiuto aggressivo, ostinato del sistema. L'aforisma, ormai.
Il destino è spesso una comoda giustificazione per illuderci che tutto quanto accade non dipende da noi, ma da una forza misteriosa capace di trasformare i sogni in realtà e le nostre azioni in un fallimento.
Si direbbe, in realtà, all'epilogo di certi destini, che noi stessi, per una nostra legge organica, fin dall'inizio, insieme con la vita, abbiamo scelto anche il modo della nostra morte.
Noi crediamo di condurre il destino, ma è sempre lui a condurre noi.
C'è chi è impotente di fronte al destino e chi di fronte a una donna. Difficile dire chi soffre di più.
Non è nelle stelle che è conservato il nostro destino, ma in noi stessi.
Il nostro destino esercita la sua influenza su di noi anche quando non ne abbiamo appresa la natura: il nostro futuro detta le leggi del nostro oggi.
Fermezza di fronte al destino, grazia nella sofferenza, non vuol dire semplicemente subire: è un'azione attiva, un trionfo positivo.
Ogni uomo ha un suo compito nella vita, e non è mai quello che egli avrebbe voluto scegliersi.
Se c'è qualcosa di ancor più raccapricciante del destino, è l'uomo che lo sopporta senza alzare un dito.
La forza che si oppone al destino è in realtà una debolezza. La dedizione e l'accettazione sono molto più forti.