Ogni volta che penso alla crocifissione di Cristo pecco d'invidia.
Oggi non è sufficiente essere santo: è necessaria la santità che il momento presente esige, una santità nuova, anch'essa senza precedenti.
Preferiamo un inferno reale che un paradiso immaginario.
Il male è l'illimitato, ma non è l'infinito.
Due forze regnano sull'universo: luce e pesantezza.
Tutte le tragedie che si possono immaginare si riassumono in una sola e unica tragedia: il trascorrere del tempo.
L'invidia non tocca solamente i cattivi, ma anche i buoni e nelle cose buone... È una tristezza, una malinconia, è come una malattia del cuore.
L'invidia è una pandemia.
L'invidia è come prendere un veleno e aspettare che l'altra persona muoia.
Non è felice l'uomo che nessuno invidia.
Ho sempre vinto l'invidia, la vigliaccheria e la malvagità coprendole di maestosa invisibilità e di appariscente indifferenza.
Non invidiamo quelli che stanno più in alto: quelle che sembravano vette si sono rivelate dirupi.
L'uomo invidioso pensa che se il suo vicino si rompe una gamba, egli sarà in grado di camminare meglio.
L'invidia è odio, è la base, se non lo zoccolo duro di tutte le psicopatologie. Perché se ti invidio, inevitabilmente voglio il tuo male, e se voglio il tuo male, inevitabilmente voglio il "mio" male.
L'invidia è come una palla di gomma che più la spingi sotto e più torna a galla.
Sola la miseria è senza invidia nelle cose presenti.