La morte che tanto temiamo e rifiutiamo interrompe la vita, non la elimina.
Noi finiamo con l'imparare per la scuola e non per la vita.
Come tutti i vizi mettono radici profonde, se non sono estirpati sul nascere, così i sentimenti di tristezza e di infelicità, che dilaniano se stessi, finiscono per nutrirsi del loro amaro, e il dolore si fa una perversa voluttà di soffrire.
La natura ci produsse fratelli, generandoci dagli stessi elementi e destinati agli stessi fini. Essa pose in noi un sentimento di reciproco amore con cui ci ha fatto socievoli.
Vivere non è poi una gran cosa: tutti i tuoi servi, tutte le bestie vivono: l'importante è morire con dignità, saggezza e coraggio.
Una grande fortuna è una grande schiavitù.
La morte è come il sonno, ma con questa differenza: se sei morto e qualcuno grida "In piedi, è giorno fatto!", ti riesce difficile trovare le pantofole.
Sappiate che la morte vi sorveglia, gioir nei prati o fra i muri di calce, come crescere il gran guarda il villano finché non sia maturo per la falce.
La radice di qualsiasi schiavitù è la morte.
La morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto.
Accetta la tua morte con una certa serietà, comunque. Chi ride andando a farsi giustiziare non è ben compreso, in genere, dalle meno progredite forme di vita, e ti daranno del pazzo.
Molti di noi percorrono la vita in punta di piedi, così da raggiungere la morte in tutta sicurezza.
E se Dio avesse inventato la morte per farsi perdonare la vita?
La morte verrà all'improvviso avrà le tue labbra e i tuoi occhi ti coprirà di un velo bianco addormentandosi al tuo fianco.
La morte è un sonno senza sogni e forse senza risveglio.
Arriviamo a comprendere fino in fondo gli esseri umani ai quali siamo uniti da un vincolo indissolubile soltanto nell'attimo della loro morte.