C'è una grande differenza tra il non volere e il non saper peccare.
Non esiste alcun bene duraturo all'infuori di quello che l'animo trova dentro di se.
Nessuno scrive nel calendario i favori.
Lo stolto può salire con fatica alla saggezza, il saggio non può ripiombare nella stoltezza.
Qualche volta anche il far qualche pazzia non dispiace.
Tra due pareri equipollenti deve avere il sopravvento il più moderato.
Se è vero che Cristo è morto per i nostri peccati, va detto che noi abbiamo fatto di tutto per non rendere vano il suo sacrificio.
E se fossimo solo il Suo peccato originale, l'infrazione, la mela che non doveva mangiare?
I peccatori di talento sono più vicini ad emendarsi che gli stolti.
Chi cade in peccato è un uomo; chi se ne duole è un santo; chi se ne vanta è un diavolo.
Un peccato di gioventù è quando si è giovani e non lo si commette.
Cristo è morto per i nostri peccati. Abbiamo il coraggio di rendere inutile il suo martirio non commettendone?
Ciò che viene denominato peccato è invece un elemento essenziale del progresso. Senza di esso il mondo ristagnerebbe, invecchierebbe, diventerebbe insipido.
È un peccato il non fare niente col pretesto che non possiamo fare tutto.
Ogni peccato porta la sua punizione con esso.
I fisici hanno conosciuto il peccato e questa è una conoscenza che non potranno perdere.