I peccati esigono calorie, la gola gliele fornisce.
L'avarizia accumula ricchezze che usa per il tornaconto personale, non nell'interesse collettivo.
A chi l'usa senza conoscerne l'origine, una parola può scoppiare in mano, come una rivoltella maneggiata da un bambino.
L'ira, furor brevis come la chiamò Orazio, fomenta risse allo stadio, tumulti di disoccupati davanti alla prefettura e parolacce in parlamento.
Mai disperarsi, perché la disperazione anticipa la morte.
Assieme alla lussuria, la gola è il vizio più confessabile. Nessuno si vanterà pubblicamente di essere invidioso, avaro, tracotante, iracondo, negligente. Ma nessuno si vergognerà di dire che va matto per le profiteroles.
Tutto è peccato, ammesso che esso esista. È peccato soprattutto la teologia, perché usa il nome di Dio invano.
È un peccato il non fare niente col pretesto che non possiamo fare tutto.
Ricopri il peccato con una lamina d'oro, e la forte lancia della giustizia si spezza ancora; armalo di stracci, la paglia di un pigmeo lo trafigge.
Non vi è nulla di più interessante che raccontare i propri peccati ad un uomo onesto o a una donna buona. Ciò è intellettualmente affascinante. Una delle grandi gioie che ci procura un passato immorale è quella di avere tante cose da narrare ai buoni.
Tutti i peccati sono dei tentativi di colmare dei vuoti.
Un peccato di gioventù è quando si è giovani e non lo si commette.
In una bella mattina di primavera, tutti i peccati umani sono perdonati. Un tal giorno è tregua per il vizio. Mentre questo sole si offre per cauterizzare le ferite del peccato, il peccatore più vile può ritornare innocente.
C'è una grande differenza tra il non volere e il non saper peccare.
Il "mondo del peccato" nella nostra vita pubblica si identifica in una grigia, desolante litania di fondi neri, aste truccate, tasse evase, favori illeciti, interessi privati in atti d'ufficio, radiospie, servizi segreti: sempre soldi o potere, che malinconia.
Ci sono peccati che si confessano con la stessa voluttà con cui si commettono.