Gran parte del progresso sta nella volontà di progredire.
Il destino di una persona salita tanto in alto è precipitare.
Le nostre malattie sono nuove, come nuovo è il nostro genere di vita.
Tollera ciò che accade come se avessi voluto che accadesse.
Certe volte sentiamo dire da un ignorante: "Questo me lo aspettavo"; il saggio si aspetta tutto; qualunque cosa gli capiti, dice: "Me l'aspettavo."
Proponiti una meta da non oltrepassare neppure volendo; allontana finalmente i beni pieni di insidie; sembrano migliori quando si spera di ottenerli che una volta ottenuti.
Non sempre quello che viene dopo è progresso.
Un altro fatto che attesta grandemente il progresso umano della nostra età è l'avvicinamento dell'aristocrazia al popolo.
Il progresso della civiltà si misura dalla vittoria del superfluo sul necessario.
Il malcontento è il primo passo verso il progresso.
Tutti i progressi della civiltà sono regressi dell'individuo.
Ogni progresso è basato sull'universale desiderio, innato in ogni organismo, di vivere meglio di quanto consentano le sue entrate.
Il progresso umano ha liberato il pensiero, ma allo stesso tempo ha incrementato l'angoscia di questo pensiero che si ritrova solo con se stesso, solo e libero. Da qui il malessere, mal di vivere che un tempo solo le menti eccezionali conoscevano, e che oggi coinvolge intere folle.
Il progresso è la realizzazione dell'utopia.
L'obiettivo sottinteso del "progresso" è, non esattamente, forse, il cervello sotto spirito, ma comunque un orribile abisso subumano di mollezza e inettitudine.
L'essenza del progresso è la decadenza. Progredire è morire perché vivere è morire.