Tutti i progressi della civiltà sono regressi dell'individuo.
Chi teme la morte è già morto.
Lo schizzo mette l'anima dell'artista molto più a nudo che l'opera d'arte.
Il filosofo non riposa, non vive quoquo modo secondo i dettami del rito questa vita, nella speranza d'un'altra eterna in Dio, ma vuole la sua propria vita libera, la vita della conoscenza.
Un'idealità raggiunta perde ogni fascino.
Ogni progresso è dovuto agli scontenti. Le persone contente non desiderano alcun cambiamento.
Il malcontento è il primo passo verso il progresso.
Ecco il mio motto: progresso costante. Se Dio avesse voluto che l'uomo indietreggiasse, gli avrebbe messo un occhio dietro la testa. Noi guardiamo sempre dalla parte dell'aurora, del bocciolo, della nascita.
C'è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti.
E che? L'umanità istupidisce per favorire il progresso meccanico e noi non dovremmo almeno trarne vantaggio? Dovremmo dialogare con la stupidità, quando è possibile sfuggirle con un'automobile?
Il progresso umano ha liberato il pensiero, ma allo stesso tempo ha incrementato l'angoscia di questo pensiero che si ritrova solo con se stesso, solo e libero. Da qui il malessere, mal di vivere che un tempo solo le menti eccezionali conoscevano, e che oggi coinvolge intere folle.
Non sempre quello che viene dopo è progresso.
Anche il progresso, divenuto vecchio e saggio, votò contro.
Il progresso è innegabile. Ora anche gli ignoranti sono laureati.
Invece di grandi aspettative di sogni d'oro, il "progresso" evoca un'insonnia piena di incubi di "essere lasciati indietro", di perdere il treno, o di cadere dal finestrino di un veicolo che accelera in fretta.