Avidamente allargo la mia mano: dammi dolore cibo cotidiano.
Isole che ho abitato verdi su mari immobili.
Dalla natura deforme la foglia simmetrica fugge, l'àncora più non la tiene. Già inverno, non inverno, fuma un falò presso il Naviglio.
E quel gettarmi alla terra, quel gridare alto il nome del silenzio, era dolcezza di sentirmi vivo.
Fatica d'amore, tristezza, tu chiami una vita che dentro, profonda, ha nomi di cieli e giardini. E fosse mia carne che dono di male trasforma.
Ancora un verde fiume mi rapina e concordia d'erbe e pioppi, ove s'oblia lume di neve morta.
L'attrazione nasce da un dolore profondo, non dalla rivalsa di tante donne di oggi decise a restare giovani.
Il dolore non vale da obiezione alla vita.
Non renderti più gravosi i tuoi mali, non opprimerti con i lamenti: il dolore è leggero se non lo accresci con la tua suggestione.
Dimmi il tuo rapporto con il dolore e ti dirò chi sei!
Poiché il dolore è la suprema emozione di cui è suscettibile l'uomo, esso è a un tempo il tipo e il modello di ogni grande arte.
Breve è la vita in sé, lunga il dolor la rende.
Non ci consoliamo dei dolori, ce ne distraiamo.
Dov'è il dolore, là il suolo è sacro.
Il dolore non è altro che la sorpresa di non conoscerci.
Non sentire alcun dolore è equiparabile alla fine dei sentimenti; ciascuna delle nostre gioie è un patto con il diavolo.