In Italia tutto è a mezzo.
La droga serve a sostituire la grazia con la disperazione, lo stile con la maniera.
Nel teatro la parola è doppiamente glorificata: è scritta, come nelle pagine di Omero, ma è anche pronunciata, come avviene fra due persone al lavoro: non c'è niente di più bello.
Il moralista dice di no agli altri, l'uomo morale solo a se stesso.
La droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura.
La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza.
Gli italiani fabbricano porte magnifiche ma se desideri tener fuori il prossimo usa un lucchetto americano.
Mangiar bene, comprar qualcosa, mostrarsi molto ed eccitarsi un po': potrebbe essere il motto nazionale.
In Italia si dice Dio e si pensa subito al papa e alla curia romana, è una sorta di reazione meccanica che dobbiamo alla nostra lunga storia all'ombra del Cupolone, e non sono pochi coloro che dicono di essere senza Dio solo perché in realtà vogliono liberarsi dal papa e dalla curia.
L'italiano non lavora, fatica.
In Italia non esistono statisti poiché non vi è mai stata alcuna cultura dello Stato, della democrazia vera, del bene pubblico.
L'Italia è il solo paese dove si gusta ancora la gioia di vivere. Ci fa credere nella gioia di vivere, anche quando lei stessa non ci crede.
Il grande male dell'Italia sono i difetti che rovinano lo Stato; era quello che doveva riformarsi e non la lira.
Italia, la terra dei geni troppo compresi.
L'italiano: totalitario in cucina, democratico in Parlamento, cattolico a letto, comunista in fabbrica.
Che faceva l'Italia innanzi a quel colossale movimento di cose e d'idee? L'Italia creava l'Arcadia.