I turisti non sanno dove sono stati. Il viaggiatore non sa dove sta andando.
La presunzione di onniscienza sorta con internet ha generato l'errata e arrogante convinzione secondo cui lo sforzo fisico del viaggio è diventato superfluo.
Viaggiare in lungo e in largo porta ad una sensazione di chiusura; e il viaggio, così capace di ampliare la mente all'inizio, di fatto la contrae.
Viaggiare è affascinante soltanto in retrospettiva.
La cosa più importante da mettere in valigia è un libro: probabilmente nessun compagno di viaggio sarà più generoso, originale, vivace e socievole. Penne e taccuini, naturalmente.
Esistono cammini senza viaggiatori. Ma vi sono ancor più viaggiatori che non hanno i loro sentieri.
Se incontri un viandante non chiedergli da dove viene: domanda dove sta andando.
Che i nostri viaggi d'esplorazione non abbiano mai fine.
La gente viaggia per le stesse ragioni per cui colleziona opere d'arte: perché così fa la buona società. Essere stati in certi punti della superficie terrestre è socialmente appropriato; dà un senso di superiorità su coloro che non ci sono mai stati.
Quelli che sono sempre di ritorno da tutto sono quelli che non sono mai andati da nessuna parte.
La mappa non è il territorio.Il menù non è il pranzo.Lo spartito non è la musica.
Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinario a favore del caso, la rinuncia del quotidiano per lo straordinario, deve essere una ristrutturazione assolutamente personale alle nostre convinzioni.
Ci sono molti modi di arrivare. Il migliore è quello di non partire.
Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati.
Viaggiare serve soltanto per voler più bene al luogo dove siamo nati.