L'uomo arriva come un novizio ad ogni età della vita.
Imparando a conoscere i mali della natura, si disprezza la morte; imparando a conoscere quelli della società, si disprezza la vita.
La maggior parte delle amicizie sono farcite di "se" e di "ma", e va a finire che diventano delle semplici relazioni che si reggono a forza di sottintesi.
Per alcune cose è più facile ottenere una legalizzazione che una propria legittimazione.
L'uomo economo è il più ricco degli uomini, ma l'avaro è il più povero.
Nelle grandi cose gli uomini si mostrano come conviene loro di mostrarsi, nelle piccole, si mostrano quali sono.
L'ultima età della vita non è senza gioia a chi può darsi ragione del perché sia vissuto.
A trent'anni l'uomo si sospetta uno sciocco. Lo sa a quarant'anni, e riforma il suo programma; a cinquanta rimprovera i suoi tristi indugi, e si sforza di risolvere i suoi propositi di prudenza con tutta la magnanimità del pensiero. Risolve, e risolve ancora, e poi muore lo stesso.
Quando l'uomo ha raggiunto l'età di fare il male, dovrebbe anche avere raggiunto l'età di fare il bene.
La giovinezza è uno sproposito; la virilità, una lotta; la vecchiaia, un rimpianto.
I vent'anni sono più belli a quaranta che a venti.
Si ammette di avere quarant'anni soltanto dopo avere superato i cinquanta.
È fra i trenta e i trentuno anni che le donne vivono i dieci migliori anni della loro vita.
Le delusioni dell'età matura seguono le illusioni della gioventù.
Il giovane conosce il suo paziente, ma il vecchio ne conosce anche la famiglia, vivi e morti, su e giù per le generazioni.
Un uomo può avere due volte vent'anni, senz'averne quaranta.