Avere settant'anni non è peccato.
Non siate modesti, non siete abbastanza grandi per esserlo.
Quando conosco qualcuno, io penso sempre che si tratti di una persona perbene e continuo a pensarlo finché non ho la prova contraria. Se ho la prova contraria, poi, non dico che quella persona è cattiva. Dico: è stata cattiva con me.
Posso dire onestamente che non mi ha mai interessato la questione del successo come un'impresa. Se io sentivo che era la cosa giusta da fare, ero dalla sua parte indipendentemente dal possibile esito.
Questa continua dicotomia interiore, questa duplice polarità, questa alternante sensazione di dovere incompiuto, oggi nei confronti della famiglia, domani nei confronti del lavoro, questo è il fardello della madre lavoratrice.
La giovinezza è uno sproposito; la virilità, una lotta; la vecchiaia, un rimpianto.
Si diventa giovani a sessant'anni. Sfortunatamente, è troppo tardi.
Nessun uomo saggio ha mai desiderato essere più giovane.
La gioventù ci faceva sognare; la maturità ci fa pensare; la vecchiaia ci farà sospirare.
A trent'anni l'uomo si sospetta uno sciocco. Lo sa a quarant'anni, e riforma il suo programma; a cinquanta rimprovera i suoi tristi indugi, e si sforza di risolvere i suoi propositi di prudenza con tutta la magnanimità del pensiero. Risolve, e risolve ancora, e poi muore lo stesso.
Età avanzata. Momento della vita in cui si chiude un occhio sui vizi che ci si possono ancora concedere e si scagliano fulmini su quelli che non si è più in grado di commettere.
I vent'anni sono più belli a quaranta che a venti.
Non si è giovani dopo i quarant'anni, ma si può essere irresistibili a tutte le età.
Oltre questo luogo di collera e lacrime incombe solo l'Orrore delle ombre, eppure la minaccia degli anni mi trova, e mi troverà, senza paura.