Vi sono certe calunnie contro cui l'onniscienza stessa smarrisce.
Gli uomini di genio sono meteore destinate a bruciare per illuminare il loro secolo.
Vi è nulla che tanto invilisca una nazione quanto il dispotismo religioso.
Tutto ha un limite, anche le passioni umane.
L'uomo non ha mai il diritto di uccidersi.
Chi non ama i cani non ama la fedeltà.
In fatto di calunnie, tutto quello che non nuoce serve a chi è calunniato.
Le calunnie non si devono dimostrare. Basta ripeterle.
Teniamoci stretti al personalismo dei giudizi perché è il solo alibi che possediamo per evitare il dolo della calunnia.
Il calunniatore è simile all'uomo che getta polvere contro un altro quando il vento è contrario; la polvere non fa che ricadere addosso a colui che l'ha gettata. L'uomo virtuoso non può essere leso e il dolore che l'altro vorrebbe infliggere, ricade su lui stesso.
La calunnia è un vocabolo sdentato che quando arriva a destinazione mette mandibole di ferro.
Ove in eminente grado virtù risiede, ivi piomba la persecuzione; e pochi o niuno dei celebri personaggi delle andate età si sottrassero all'acuto morso della calunnia o della più fina malizia.
La calunnia è la vendetta del vigliacco, mentre la sua difesa è la dissimulazione.
La calunnia è come la vespa che vi disturba, e contro la quale non si deve fare il minimo movimento a meno che non siate certi di ucciderla: altrimenti quella torna alla carica più incattivita che mai.
La calunnia lascia sempre peggio il calunniatore, giammai il calunniato.