La tolleranza senza il dialogo è un eufemismo per l'indifferenza.
È illusoria l'idea che con la vecchiaia subentri una maggiore tolleranza. Non si è diventati più magnanimi, soltanto sensibili ad altro.
Nonostante i miei reiterati inviti alla tolleranza e all'autocritica il risultato è sconfortante.
Il male è tanto più tollerabile quanto più lo si conosce.
Alle altisonanti dichiarazioni di libertà d'opinione, non si accompagna nessuna tolleranza; all'esibizione di patriottismo alcun sacrificio d'interessi; e malgrado gli stucchevoli panegirici sulla rispettabilità manca troppo spesso ogni decenza.
Negli istanti in cui la vita ci appare tollerabile, non le domandiamo di avere un senso; è la disperazione del cuore che induce lo spirito ad essere troppo esigente.
Il senso di massa e di gregge non aveva raggiunto nella vita pubblica la repugnante potenza che ha oggi; la libertà dell'agire privato era considerata – cosa oggi appena concepibile – legittima e sottintesa; la tolleranza non veniva come oggi disprezzata e ritenuta debolezza, ma esaltata quale energia morale.
Tolleranza. Saper ridere quando uno vi pesta i calli mentali.
La società moderna si concede il lusso di tollerare che tutti dicano ciò che vogliono perché oggi, di fondo, tutti pensano allo stesso modo.
Bisogna tollerare le nostre imperfezioni, non già amarle o accarezzarle.
In un Umanismo Integrale, come quello in atto, non c'è posto per chi non sia nato a compiere o a tollerare qualsiasi crimine.