Una persona diventa moralista prima che un altro diventi infelice.
Quell'agente patogeno, mille volte più virulento di tutti i microbi, l'idea di essere malati.
Ogni bacio chiama un altro bacio.
Nelle persone che amiamo c'é immanente in loro un certo sogno, che non sempre sappiamo discernere e che tuttavia sempre inseguiamo.
Nella patologia nervosa, un medico che non dice troppe stupidaggini è un malato guarito a metà.
C'è cosa dotata di un potere di esasperare che una persona non raggiungerà mai: un pianoforte.
E la morale è... i buoni vincono, i cattivi perdono e come sempre l'Inghilterra domina!
La politica coincide dunque con la morale? Penso che politica e morale abbiano fondamenti distinti. I loro territori confinano ma non coincidono. Spesso addirittura morale e politica confliggono e si scontrano.
Il più grande moralista dei tempi moderni è stato senza dubbio Jean Jacques Rousseau, il conoscitore profondo del cuore umano, che attingeva la sua saggezza non nei libri ma nella vita, e che destinava la sua dottrina non alla cattedra, ma all'umanità.
La Rivoluzione sociale sarà morale, oppure non ci sarà.
Tutto il sapere ha qualcosa di puritano; dà alle parole una morale.
Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante.
Il moralista, impegnato a predicare la virtù, difficilmente troverà il tempo di praticarla.
L'indignazione morale è in molti casi al 2 per cento morale, al 48 per cento indignazione, e al 50 per cento invidia.
Non è saggio usare la morale nei giorni feriali; così succede che poi la troviamo in disordine la domenica.
Non è necessario avere una religione per avere una morale. Perché se non si riesce a distinguere il bene dal male, quella che manca è la sensibilità, non la religione.