Un romanzo o si scrive o si vive.
Non ci si bada, ma tutti disperdiamo ogni giorno o soffochiamo in noi il rigoglio di chi sa quanti germi di vita, possibilità che sono in noi, obbligati a continue rinunzie, a menzogne, a ipocrisie.
Ho paura talvolta anche del mio sangue che pulsa nelle arterie come, nel silenzio della notte, un tonfo cupo di passi in stanze lontane.
Quando tuo padre t'ha messo al mondo, caro, il fatto è fatto. Non te ne liberi più finché non finisci di morire.
Nulla è più complicato della sincerità.
La libertà sta di casa con la ricchezza.
I romanzi finiscono col matrimonio dell'eroe con l'eroina. Bisognerebbe invece cominciare da questo, e finire che si sono separati, cioè liberati l'uno dell'altro.
Già il fatto che un libro sia un romanzo non depone a suo favore, è un connotato lievemente losco, come i berretti dei ladruncoli, i molli feltri dei killers, gli impermeabili delle spie.
È preferibile vivere un romanzo che leggerlo.
Il romanzo non deve avere alcuna fretta. In passato anche la fretta poteva rientrare nella sua sfera, oggi è passata al film; confrontato ad esso, il romanzo frettoloso è destinato a restare sempre inadeguato.
I romanzi sentimentali corrispondono a quelle che sono, in medicina, storie cliniche.
Quando scrivo un romanzo, lo sento riuscito se sono riuscito ad andare al di là di me stesso e, quindi, se sono entrato nella carne viva dell'umano.
Chissà se il romanzo non sarà una realtà più perfetta e una vita che Dio crea attraverso noi, e se noi chissà, esistiamo soltanto per creare?
Il romanziere è lo storico del presente, mentre lo storico è il romanziere del passato.
Scrivere oggi un romanzo tradizionale pare anacronistico e temerario come uscire in carrozza e cilindro, generoso e sfortunato come l'ultima carica del Savoia Cavalleria contro i carri armati russi.
Un romanzo non è mai altro che una filosofia tradotta in immagini.