Predicare la morale è difficile, motivarla è impossibile.
Chi volesse dubitare di tutto, non arriverebbe neanche a dubitare. Lo stesso giuoco del dubitare presuppone già la certezza.
Il limite del linguaggio si mostra nell'impossibilità di descrivere il fatto che corrisponde a una proposizione (che è la sua traduzione) senza appunto ripetere la proposizione.
L'immagine presenta la situazione nello spazio logico, il sussistere e non sussistere di stati di cose.
Vi sconsiglio vivamente di diventare filosofi accademici. Tra loro la tentazione del pensiero fasullo è diffusissima.
È così difficile trovare l'inizio. O meglio: è difficile cominciare dall'inizio. E non tentare di andare ancor più indietro.
Ovunque la morale degli schiavi abbia il sopravvento, la lingua rivela una tendenza ad avvicinare l'una all'altra le parole "buono" e "stupido".
Nella morale come nell'arte, nulla è dire, tutto è fare.
La moralità è l'istinto del gregge nel singolo.
Quando la morale viene fondata sulla teologia e il diritto su un'autorità divina, le cose più immorali, più ingiuste e più vergognose possono avere il loro fondamento in Dio e venir giustificate.
È morale ciò che ti fa sentir bene dopo che l'hai fatto, è immorale ciò che invece ti fa sentire male.
La moralità consiste nel sospettare gli altri di non essere legalmente sposati.
Predicare la morale è facile, difficile motivarla.
In tutto c'è una morale, basta trovarla.
Esiste una "morale dei signori" e una "morale degli schiavi".
Le cause fisiche più possono a cangiar che le cause morali. Le morali si mettono facilmente in equilibrio.