Pubblicità. L'arte d'insegnare alla gente a desiderare determinate cose.
Non è bene, per un medico, ammettere che non si sente bene.
Suppongo che il suicida mentre appoggia alla tempia la canna della pistola provi per ciò che succederà l'attimo seguente quello che in quel momento provai io: un sentimento di curiosità.
Gli uomini, infinitamente soddisfatti di se stessi, percorrevano il globo in lungo e in largo dietro alle loro piccole faccende, tranquilli nella loro sicurezza d'esser padroni della materia. Non è escluso che i microbi sotto il microscopio facciano lo stesso.
Il crimine e le vite scellerate sono la misura del fallimento di uno Stato, ogni crimine alla fine è il crimine della comunità.
A forza di chiamare questa cosa la mia vita finirò per crederci. È il principio della pubblicità.
La pubblicità ha soltanto una ragione d'essere: quella di agganciare la curiosità del pubblico con la massima originalità, la massima sintesi, il massimo dinamismo, la massima simultaneità e la massima portata mondiale.
Tutto è pubblicità. Anche la cultura in TV si trasforma in spot.
La pubblicità e Hollywood tentano costantemente di penetrare l'inconscio di un vasto pubblico, non per capirne le menti, ma per imporre determinati sogni collettivi e sfruttarli a fini di lucro.
La moderna Cappuccetto Rosso, allevata a suon di pubblicità, non ha nulla in contrario a lasciarsi mangiare dal lupo.
Tutti gli scandali aiutano la pubblicità perché non c'è migliore pubblicità della cattiva pubblicità.
La massima originalità, la massima sintesi, il massimo dinamismo, la massima simultaneità e la massima portata mondiale. Ecco che cos'è la pubblicità.
La pubblicità insegna alla gente a non fidarsi del proprio giudizio. La pubblicità insegna alla gente a essere stupida.
La pubblicità è vecchia come il mondo. Infatti, come tutti sanno, cominciò il serpente a decantare a Eva le virtù della sua frutta.